La causa del Dr. Bonaiuto per asserita esclusione immotivata dalle promozioni
PRETURA ROMA, 16
Gennaio 1985 - Est. Cellerino -
Bonaiuto (Avv. D'Amati) c. IMI - Istituto Mobiliare Italiano (Avv.ti
Scognamiglio e Ferrari).
Qualifiche e
mansioni -Promozioni «a scelta» - Procedure contrattuali che definiscono
l'ordine delle valutazioni da seguire - Inosservanza - Conseguenze.
Poiché l'art. 93 del c.c.n.l.
23 luglio 1976 per gli impiegati delle aziende di credito e finanziarie
sottolinea l'ordine delle
valutazioni cui l'azienda deve adeguarsi per il conferimento delle
promozioni « a scelta », prevedendo un analitico sistema di preferenze e di prevalenza, la sua totale disapplicazione - o, il
che è lo stesso, l'impossibilità di conoscere, ricostruire e verificare da parte dei giudice il sistema adottato dall'azienda per escludere il ricorrente
-
rende evidente l'eccesso di potere e la necessità di una misura repressiva
adeguata che ponga fine anche al
semplice sospetto
di consorterie, patteggiamenti,
messaggi e segnali clientelari (nella
fattispecie, sono state dichiarale
nulle le delibere di diverse tornate
di promozioni, con salvezza di quelle
acquisite in buona fede, dichiarando
il diritto dell'escluso alla qualifica di funzionario, attesa la sussistenza in
atti di una proposta aziendale in tal senso, rimasta immotivatamente senza seguito) (1) - (2).
(Omissis). - Con ricorso depositato il 27 aprile 1983
il dott. Gaetano Bonaiuto chiedeva a
questa giustizia di dichiarare:
1) illegittime e nulle le delibere dell’
Imi recanti le promozioni a funzionari di 3° ctg con effetto dal 1° gennaio
1979, dall'1° gennaio 1981, e dall'1° aprile 1982, e, dall'1° agosto 1982;
2) il suo diritto alla qualifica di
funzionario di 3° grado con effetto dall'1° gennaio 1979 o dalla diversa data
ritenuta di giustizia, in via subordinata imponendo al convenuto la
rinnovazione degli scrutini e delle scelte ed alla applicazione di criteri
predeterminati ed oggettivi oltre al risarcimento del danno da liquidare in
separata sede.
Al riguardo
premesso di essere impiegato presso l'Imi dal 1961 e riassunto il proprio curriculum che l'aveva visto promosso nel 1972 alla qualifica di vice capo
ufficio addetto al Servizio Ispettorato, e, nel 1975, a Capo ufficio, lamentava
che suoi colleghi pari grado erano stati anticipatamente promossi Capo ufficio
di 1° livello - qualifica cui lui perveniva solo nel settembre 1980 - e quindi in
varie tornate dal gennaio '79 e 81 funzionari di grado 3°, posizione cui via
via pervenivano anche impiegati con anzianità di servizio inferiore alla sua.
Denunciata la
violazione dell'art. 93 del c.c.n.l. e, più generale, dei principio di
correttezza e buona fede nella scelta per promozione, proponeva le conclusioni
riferite, articolando prove.
Costituendosi
l'Imi, riproposto, con una diversa chiave di lettura, il curriculum del Dr. Bonaiuto, escludeva la esistenza di un suo
obbligo di predeterminare e osservare criteri oggettivi di scelta (pag. 11),
osservando che «in tanto il lavoratore può avanzare rivendicazioni e/o proteste
riguardo alla sua mancata promozione in quanto affermi e chieda di provare che
l'azienda... abbia deliberato le promozioni e la sua esclusione, o senza
motivare, o senza tener conto del merito dei promuovendi ed anzi
specificatamente del suo merito... » (pag. 13).
Inoltre,
ribadendo che la clausola contrattuale invocata dal ricorrente non recepiva il
metodo della promozione per metodo comparativo (pag. 15) e negando significato
alla tesi che vorrebbe addossarle l'onere della prova (pag. 18), questa parte
concludeva per il rigetto del ricorso, rilevando la genericità e inammissibilità
delle domande di controparte come sopra riassunte.
Sentite le parti
in causa, integrata con documenti e note, è stata decisa nelle forme di rito
per le seguenti considerazioni.
(Omissis). - Bisogna in linea generale osservare che
ha buon gioco la difesa attrice nell'osservare che « l'Imi si dibatte in una
clamorosa contraddizione », da un lato affermando di voler applicare la regola
della parità di trattamento nelle
promozioni, dall’altro ignorando in fatto la esistenza della regola.
L'esame dell'interrogatorio
libero dei procuratore dell'Imi, congiunto alle osservazioni contenute nella
memoria, induce inoltre a sgombrare il campo da un equivoco di fondo in cui
questa materia e questa lite sembra dibattersi con riferimento alla
ripartizione dell’onere della prova.
Ad avviso dello
scrivente la questione va risolta nell'ambito della deduzione su cui si fonda
la domanda e l'eccezione (causa petendi).
Essa a ben vedere allega
l'esistenza di una inadempienza contrattuale.
Sicché, assegnata al ricorrente la dimostrazione dell'esistenza
dell'obbligo di cui lamenta l'inadempimento, spetterà al convenuto la prova
dell'adempimento, consistente, in questo caso nella conformità a correttezza
della promozione.
Ora il ricorrente
ha indubitabilmente provato anche nei fatti, attraverso i dati emersi dal
libero interrogatorio e dalla documentazione, l'esistenza, - peraltro emergente a livello generale
come espressione di necessaria trasparenza, imparzialità, correttezza, buona
fede, costituenti «clausole generali del sistema che interessano non soltanto
l’adempimento degli obblighi tipicamente contrattuali, ma anche l'esercizio del
potere discrezionale del datore di lavoro, che a tali regole fondamentali deve
ispirarsi » (Cass. Sez. un. n. 1/1980 e
10 aprile 1981, n. 2092) - non affrancabile nell'ambito dell’organizzazione del
personale dell 'Imi, del principio d'
imparzialità e correttezza nella valutazione comparativa degli aspiranti di cui l'art 93 ccnl è
espressione sintomatica (avv. Boutet,
proc. speciale Imi: «Posso confermare che c'è un criterio di parità di
trattamento a parità di merito. Non abbiamo interesse a fare alcuna
discriminazione, essendoci un ruolo ... aperto » ...) mentre altrettanto in
fatto è emersa la totale impossibilità di riscontro giudiziario in assenza di
elementi di trasparenza (avv. Boutet: «non c'è predeterminazione di punteggio
per i vari criteri previsti dalla contrattazione collettiva, perché non v'è
esigenza di comprimere il numero, non c'è quindi comparazione nella realtà»),
così evidenziando «clamorosamente » le contraddizioni di cui si diceva in
apertura.
In questo
conflitto fra il confermato santuario della pura discrezionalità riservata, in
buona sostanza, all'arbitrio dell'Ente e l'esigenza - con il corrispondente
diritto dei dipendenti di valutarne le implicazioni - della trasparente
correttezza e imparzialità, cui un soggetto di diritto pubblico non può non
ispirarsi anche nei confronti del personale, è evidente che al lavoratore,
quanto meno, vada riconosciuta una protezione e una tutela «non inferiore, anzi
del tutto analoga a quella del sindacato che il dipendente pubblico può
chiedere ed ottenere dal giudice amministrativo » (Cass. Sez. un. n. 1/1980).
Ora poiché
proprio la norma contrattuale hinc inde invocata e riprodotta negli atti sottolinea l'ordine delle
valutazioni-cui l'azienda si deve adeguare per il conferimento delle promozioni
per scelta predeterminata attraverso lo strumento convenzionale, prevedendo un
analitico sistema di preferenze e di prevalenza, la sua totale disapplicazione
- o, il che è lo stesso, la impossibilità di conoscere, ricostruire e
verificare oggi, in assenza di qualsiasi traccia di attendibile
giustificazione, il sistema adottato dall'Imi per escludere il ricorrente -,
rende evidente l'eccesso di potere e la necessità di una misura repressiva
adeguata che ponga fine anche al solo semplice sospetto di consorterie,
patteggiamenti, messaggi, e segnali clientelari indegni della moglie di Cesare.
-
Questa, oltreché
risarcitoria, passa, ad avviso dello scrivente, attraverso la dichiarazione di
nullità delle delibere con salvezza, peraltro, delle promozioni acquisite in
buona fede anche in considerazione dell'art. 1420 c.c. e del più generale
principio che fa salva l'acquisizione delle categorie superiori (art. 2103
c.c.), il che esclude problema di controinteressati.
Poiché d'altra
parte v'è la prova piena, in atti, che quanto meno con le note caratteristiche
del 20 gennaio 1982 fu avanzata la proposta «per la promozione del dr. Bonaiuto a funzionario di 3° grado» (v.
doc. esibito dall'Ente, di cui sono significativi elementi integrativi i
giudizi successivi per il 1982 ed il 1983) la assoluta mancanza di
un'attendibile giustificazione negativa impone tranquillamente il
riconoscimento della qualifica di funzionario di 3° grado del dr Bonaiuto dalla
tornata immediatamente a ridosso di quella valutazione e quindi e far tempo dal
1° aprile 1982, col corrispondente trattamento economico da rivalutare ex lege nei suoi aspetti differenziali.
Quanto al risarcimento
del danno l'an va riconosciuto in
considerazione del comportamento illecito dell'Ente, mentre un separato
giudizio ne valuterà l' ammontare per il periodo progresso, eventualmente
liquidandolo in via equitativa. Spese
secondo soccombenza. (Omissis)
(pubblicata in "Orientamenti del lavoro" 1985, 412 e in “Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale”, marzo-aprile 1985, nn.3-4, p. 294-295 (II parte) con la seguente:
(1) NOTA di Loredana
Fiori
La decisione che si
annota si inserisce nel filone giurisprudenziale secondo cui, quando la discrezionalità
del datore di lavoro nelle promozioni risulti in qualche modo definita
contrattualmente ovvero in regolamenti interni autonomamente adottati, il
lavoratore è titolare di un diritto , soggettivo o, comunque, di un interesse
legittimo giuridicamente protetto acché il datore di lavoro attui un corretto
compimento delle operazioni selettive dei « promovendo» nel rispetto dei
vincoli procedurali prestabiliti e con una valutazione improntata a buona fede
e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., vale a dire a quei principi
etico-giuridici che costituiscono clausole generali del sistema, come tali
riguardanti non solo l'adempimento degli obblighi tipicamente contrattuali, ma
anche l'esercizio del potere discrezionale del datore di lavoro; così Cass., 10
aprile 1981, n. 2092, in Foro it. Mass., 1981 e Cass., 4 gennaio 1980, n.
1, in Giur. it., 1980, 1, 1, 426,
entrambe citt. in motivazione. V. anche
Cass., 2 novembre 1979, n. 5688, ibidem,
1, 1, 440 con nota di Di Majo, Le forme
di tutela contro i c.d. «poteri privati»;
Cass., 29 ottobre 1980, n, 5800, in Giust.
civ.1981, 1, 524, con nota
di Papaleoni; Cass., 20 giugno 1981, n. 4250, ibidem, I, 181, con nota di Brattoli; Cass., 27 maggio 1983, n.
3675, ivi, 1983, 1, 2267, con
nota di Meucci, Significativi passi sulla
via della trasparenza ed imparzialità nelle promozioni.
Contra, nel senso, cioè che il lavoratore è
titolare di una mera aspettativa di diritto, perciò sfornita di ogni tutela e
azionabilità davanti al giudice, Cass., 19 giugno 1982, n. 3773. in Not. giur. lav,, 1983, 473 e Cass., 5
febbraio 1980, n. 824, ivi 1980, 164.
Secondo Cass., 21
agosto 1982, n. 4699 (ivi, 1982,
509), il lavoratore può vantare n diritto soggettivo alla promozione solo nel
caso in cui le procedure convenzionali o regolamentari configurino un vero e
proprio automatismo.
In dottrina, v.
Bigliazzi Geri, Osservazioni minime su «
poteri privati » ed interessi legittimi, in q. Riv., 1981, 1, 259; Di Majo, Limiti ai poteri privati nell'esercizio dell'impresa, ivi, 1983, 1,
355; recentemente, Meucci, Mansioni, studio, tempo libero dei lavoratori, Milano, 1984, 80 e ss. (Lo.Fi).
(2)
La sentenza è
stata poi riformata da Trib. Roma 23
febbraio 1987 (Pres. Dal Pont – Est.
Pucci, in Not. giurisp. lav. 1988, 323) sulla base della affermazione
secondo cui “…né dagli artt. 93 del ccnl 23 luglio 1976 e 95 del ccnl 18
aprile 1980 per gli impiegati, i
commessi e gli ausiliari delle aziende di credito e finanziarie, né dagli artt.
1175 e 1375 c.c., deriva un obbligo per le aziende di credito, datrici di
lavoro, di adottare (per le “promozioni”, n.d.r.) preliminarmente
criteri del tipo della predeterminazione di punteggi. Il giudice (anche in
assenza di tali punteggi, n.d.r.) può riscontrare se in concreto il datore
di lavoro abbia motivato e deciso, altresì, ingiustamente, nelle sue scelte i
dipendenti da promuovere”…”Incombe sul dipendente, ritenutosi ingiustamente
pretermesso nelle promozioni, l’onere della prova (ex art. 2697 c.c.) di
dimostrare che il datore di lavoro abbia violato nei suoi confronti la
normativa contrattuale o le clausole generali di legge”(massima
desunta dal Rep. Gen. del Not.
giurisp. lav. 1986 -’90 dell’Assicredito, n. 29, p. 71). Decisione confermata successivamente da Cass. 30 maggio 1990, n. 5062 (Pres. Chiavelli,
Est. Mollica, in Not. giurisp. lav. 1990, 651).
Senza alcun
intenzionale accostamento va riferito, tuttavia, che nell’ambiente locale ove
l’intera vicenda è iniziata e si è conclusa calano, ora, le pesantissime
(quanto facili e generiche) allusioni lanciate dalla Corte di Appello di Milano
che – come riferisce il sito http://www.legge-e-giustizia.it/ nel suo lancio
del 19 novembre 2001 - “ha riconosciuto a Berlusconi le attenuanti generiche ai fini dell’applicazione della
prescrizione…in quanto la responsabilità dell’imputato di corruzione può
ritenersi attenuata per effetto dell’ampio sistema di corruttela e di
mercimonio che caratterizza l’ambiente
giudiziario romano”. Affermazione sulla quale giustamente il sito richiama
l’attenzione del CSM invitandolo ad intervenire “facendo chiarezza,
nell’interesse dei cittadini e dei tanti avvocati e magistrati che a Roma hanno
sempre svolto correttamente la loro professione…giacché non vorremmo che, per
via giurisprudenziale, nel nostro codice penale facesse ingresso, per alcuni
reati l’attenuante ‘romana’".
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