- SOMMARIO:
1. Premessa. - 2. Il Libro bianco. - 3. segue: lo
spostamento delle garanzie dal rapporto al mercato. - 4. Il disegno di legge
848, lo «stralcio», il “Patto per l’Italia”. - 5. La legge delega 14
febbraio 2003, n. 30. - 6. La rottura del parallelismo tra flessibilità e
ammortizzatori sociali. - 7. L’intervento sull’orario di lavoro. - 8. Il
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. La struttura del provvedimento. -
9. La norma sulle finalità come cifra ermeneutica. - 10. Il nuovo dualismo
pubblico-privato. - 11. Le definizioni che regolano. Il caso degli enti
bilaterali. - 12.
Abrogazioni. Disciplina transitoria. Copertura finanziaria. - 13.
Governo e parti sociali. - 14. La contrattazione collettiva. - 15. Norma
inderogabile e autonomia individuale. - 16. La giurisdizione. - 17. Stato e
regioni. - 18. Conclusioni. - Riferimenti bibliografici.
-
- 1.
Premessa
-
Il
decreto legislativo n. 276 del 2003 introduce un’ampia e profonda
modifica della disciplina dei rapporti di lavoro. Sarà ineluttabilmente
oggetto di valutazioni difformi e si discuterà di quanto e come il
diritto del lavoro ne risulti trasformato. Ma è indubbia l’ampiezza e
l’articolazione dell’intervento. Si discuterà anche, sicuramente,
delle origini di queste modifiche, del se ed in che misura risalgano a
prima della legislatura in corso. Tuttavia, quali che siano le radici più
remote, la ricostruzione dei passaggi fondamentali, da cui è opportuno
partire, non può che prendere le mosse dal Libro bianco.
-
- 2.
Il Libro bianco
-
Il
«Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia» venne redatto da un
gruppo di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi e Marco Biagi. Il lavoro
fu pubblicato nell’ottobre del 2001. Nel presentarlo, il ministro del
lavoro precisò che il testo era finalizzato a rendere partecipi tutti gli
attori istituzionali e sociali delle riflessioni svolte dal governo1.
È quindi un documento politico, che riassume, per espressa affermazione
del ministro competente, le “riflessioni del governo”.
- Il
documento si compone di due parti. La prima è intitolata “analisi del mercato
del lavoro in Italia: inefficienze ed iniquità”, la seconda ha
contenuto propositivo:
“proposte per promuovere una società attiva ed un lavoro di qualità”.
In realtà, analisi e proposte sono spesso strettamente intrecciate e
questo intreccio si articola in alcuni punti nodali.
- Si
indica la necessità di “realizzare il federalismo anche in materia di
mercati e rapporti di lavoro”2. A tal fine il rapporto tra
norma statale e norme regionali
delineato nella riforma dell’art. 117 Cost. viene ricostruito nel senso che
“la potestà normativa concorrente delle Regioni non riguarda solo il
mercato del
lavoro bensì anche la regolazione dei rapporti di lavoro” e quindi
“l’intero ordinamento
del lavoro”3.
- Viene ridefinito il rapporto governo parti sociali. L’idea di fondo è
il passaggio dal metodo della concertazione a quello del dialogo sociale4.
Si afferma la necessità di “rivisitare l’attuale assetto
contrattuale, al fine di dotarlo di una maggiore flessibilità. Ciò può
avvenire rafforzando la contrattazione decentrata e legandola in maniera
più stretta ai luoghi in cui si determinano i guadagni di produttività,
anche considerando le condizioni specifiche del mercato del lavoro”5.
Questa riorganizzazione riguarda l’intero complesso
del lavoro dipendente, compreso quello del settore pubblico: “da tempo è
in corso un processo di privatizzazione del rapporto di lavoro in questo
settore ed è intenzione del governo proseguire con determinazione verso
una maggiore omogeneità non solo delle norme, ma anche delle
relazioni sindacali e dei comportamenti
effettivi”6.
- Ma viene anche adombrata la modifica del rapporto tra legge o contratto
collettivo ed autonomia individuale. Il governo pone il problema della
modificazione del “contesto normativo che inibisce al datore e
prestatore di lavoro di concordare condizioni in deroga non solo alla
legge, ma anche al contratto collettivo, se non entro il limite, sempre più
ambiguo, delle condizioni di miglior favore”7. La linea
proposta è quella di “superare l’inderogabilità” e di introdurre
norme leggere (soft
laws) che mirino ad
orientare l’attività dei soggetti
destinatari, senza peraltro costringerli ad uno specifico comportamento,
vincolandoli tuttavia al perseguimento di un determinato obiettivo8.
-
Viene
prefigurato un “solido” intervento sulla giustizia del lavoro e la ricerca
di “nuove forme di amministrazione della giustizia”, quale
l’istituzione di
collegi arbitrali che siano in grado di dirimere le controversie in tempi
sufficientemente rapidi perché dotati del potere di decidere secondo
equità e non con il vincolo del rispetto della legge e del contratto
collettivo9.
- Viene
invece espressamente escluso un intervento sulla rappresentatività
sindacale: “il governo dichiara la propria intenzione di non assumere
iniziative legislative in materia di rappresentatività degli attori
negoziali”10.
-
- 3.
segue: lo
spostamento delle garanzie dal rapporto al mercato
-
Nel
merito, la scelta di fondo operata con il libro bianco è quella di
introdurre massicce dosi di flessibilità, ma tale introduzione “non
dovrà avvenire restringendo le tutele e le protezioni, bensì spostandole
dalla garanzia del posto di lavoro
all’assicurazione di una piena occupabilità durante tutta la
vita lavorativa”11. Questo “spostamento” significa
intervento sul mercato del lavoro e sui soggetti preposti a rendere più
fluido l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, significa nuova
articolazione del raccordo tra scuola e lavoro, ma significa anche
interventi sui contratti e i rapporti di lavoro.
-
Richiamata,
come primo esempio di tale orientamento, la nuova disciplina sul contratto
a termine12, vengono previsti interventi per eliminare gli ostacoli
che rendono ancora complicato l’utilizzo delle tipologie contrattuali
flessibili già presenti nell’ordinamento italiano: il lavoro a tempo
parziale deve essere reso più usufruibile intervenendo sulle cosiddette
«clausole elastiche» e sull’istituto della «denuncia»13.
Il lavoro interinale deve essere coordinato con la disciplina del lavoro a
termine, e più in generale è necessaria una riforma complessiva della
disciplina in materia di intermediazione della manodopera14.
Occorre poi prevedere nuove tipologie contrattuali flessibili, che tengano
conto di nuove esigenze produttive ed organizzative: il lavoro
intermittente15, il lavoro a progetto16,
quest’ultimo anche al fine di “bonificare il mercato
del lavoro dalle collaborazioni coordinate e continuative, spesso fonte di
abusi frodatori”17. Infine, si deve dare attuazione alla
direttiva europea in materia di orario di lavoro, cogliendo l’occasione
per superare le interpretazioni che vorrebbero subordinare la possibilità
di modulare l’orario di lavoro su base settimanale, mensile o annuale al
vincolo delle otto ore di lavoro giornaliero come orario di lavoro normale18.
Al contrario, in materia di licenziamenti, il governo si riconosce nel
principio del licenziamento giustificato, ribadito dalla Carta di Nizza,
limitandosi a ricordare che negli altri ordinamenti è sempre prevista la
possibilità di corrispondere un’indennità compensativa in alternativa
alla reintegrazione nel posto di lavoro19.
-
La
forte flessibilizzazione della disciplina dei rapporti di lavoro, come si
è detto, nel disegno del libro bianco, non elide né riduce le tutele e
le protezioni, ma le sposta dal rapporto al mercato. Il lavoratore, meno
garantito nel rapporto,
si ritroverà spesso sul mercato e qui dovrà rinvenire nuove tutele per trovare
nuova occupazione e per affrontare i periodi di non lavoro. Ciò rende
necessario il potenziamento dei servizi all’impiego20 e
impone “un nuovo assetto della regolazione e del sistema di incentivi ed
ammortizzatori sociali, che concorra a realizzare un bilanciamento tra
flessibilità e sicurezza”21.
- Nel
disegno del libro bianco, quindi, un mercato del lavoro più flessibile22
“richiede ammortizzatori sociali più sviluppati”23 e
richiede un riordino degli incentivi fiscali, contributivi e finanziari
alla luce del “parallelo” riordino delle tipologie contrattuali e a
compensazione della attenuazione delle rigidità normative.
Non solo, ma allo sviluppo degli ammortizzatori sociali e degli incentivi,
dovrà accompagnarsi “una riduzione progressiva del carico fiscale e
contributivo gravante sul lavoro”24.
- 4.
Il disegno di legge 848, lo «stralcio», il “Patto per l’Italia”
- Il libro bianco è dell’ottobre 2001. Pochi giorni dopo la
presentazione, il 15 novembre di quello stesso anno, il governo approvò
il disegno di legge delega n. 848 per la riforma del mercato del lavoro,
che trasfondeva in provvedimento legislativo
buona parte delle proposte del documento, con l’aggiunta di
un’incisiva modifica dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori. Ne
scaturì un tesissimo conflitto sociale. Nel giugno del 2002 il governo
trasferì una parte della delega in un disegno di legge autonomo, il n.
848-bis. La parte
stralciata contiene la modifica dell’art. 18, ma anche le deleghe in
materia di arbitrato nelle controversie di lavoro, ammortizzatori
sociali, indennità di disoccupazione e incentivi25.
- Il
5 luglio del 2002, il governo e una serie di associazioni sindacali dei
datori di lavoro e dei lavoratori stipularono un accordo che venne
denominato “Patto per l’Italia – contratto per il lavoro”26.
L’accordo non fu sottoscritto dalla CGIL27. Nella premessa,
il patto indica la necessità di quattro “azioni convergenti” per
tradurre la “crescita economica in nuovi e migliori posti di lavoro”:
organizzazione di un mercato del lavoro moderno, trasparente ed
efficiente; emersione del lavoro sommerso; politiche dell’educazione
e della formazione; riduzione della pressione fiscale sui redditi
medio bassi. L’accordo riafferma quindi la necessità di una efficace
politica dei redditi: in tale ambito il Governo
assume l’impegno di concorrere al contenimento dell’inflazione
“attraverso comportamenti coerenti in materia di tariffe, prezzi e
salari, attivando gli organi istituzionali preposti”. Ma soprattutto
“il governo si impegna ad assicurare le risorse necessarie ad avviare la
riforma fiscale e quella degli ammortizzatori sociali, a realizzare
interventi nel Mezzogiorno, a rilanciare la ricerca e l’innovazione, a
finanziare la riforma del sistema scolastico e formativo e le politiche
attive dell’occupazione”. Capitoli fondamentali del patto vengono dedicati
a precisare questi impegni in termini di politica fiscale28
e di sostegni al reinserimento
nel lavoro29; si delinea un programma di attuazione,
all’interno del quale vengono individuate come “prime misure”
l’incremento in termini di entità e
di durata dell’indennità di disoccupazione30 e il
sostegno al reddito di ultima istanza a carico della fiscalità generale31,
prevedendo un forte impegno per il Mezzogiorno,
tanto in termini di risorse aggiuntive, che in termini di adeguamento
della dotazione infrastrutturale ai livelli del resto del paese32.
- Le
parti sociali, dal canto loro dichiarano di condividere i due disegni di
legge delega proposti dal governo ed allegati all’accordo. Il primo
conteneva una versione attenuata della modifica dell’art. 18, basata sul
criterio del “non computo nel numero dei dipendenti occupati delle nuove
assunzioni mediante rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche part
time o
con contratto di formazione lavoro, instaurati nell’arco di tre anni
dalla data di entrata in vigore
dei decreti legislativi”. Il secondo riguardava la revisione dell’art.
2112 cod.
civ. in materia di trasferimento d’azienda, in tre punti, il più
incisivo dei quali consisteva nella “previsione del requisito
dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda nel momento del suo
trasferimento”33. A seguito dell’accordo i
due testi verranno inseriti, rispettivamente, nel disegno di legge 848-bis
e nel disegno di legge 848.
-
- 5.
La legge delega 14 febbraio 2003, n. 30
-
I
disegni di legge delega 848 e 848-bis,
separati nel giugno del 2002, hanno viaggiato a ritmo diverso. Il primo è
stato approvato dal Parlamento. È la legge 14 febbraio 2003, n. 3034,
detta, per volontà dell’esecutivo, legge Biagi, in onore del docente di
diritto del lavoro coautore del Libro bianco, barbaramente assassinato con
un’azione terroristica il 19 marzo 2002.
-
La
legge conferisce al governo una pluralità di deleghe in molte delle
materie trattate dal libro bianco, dettando, a volte in maniera molto
generica, i principi e i criteri direttivi ai quali la disciplina delegata
dovrà attenersi ai sensi dell’art. 76 Cost..
- Una
prima delega concerne, da un lato, la revisione della disciplina dei
servizi pubblici e privati per l’impiego, dall’altro la materia di
intermediazione e interposizione privata nei rapporti di lavoro, al cui
interno vengono posti anche
i principi per la revisione della disciplina della cessione di ramo
d’azienda fissati
nell’allegato al “patto per l’Italia” (art. 1). La seconda
riguarda il “riordino
dei contratti a contenuto formativo e di tirocinio (art. 2). Con la terza
si affida
al governo la “riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale”
(art. 3).
La quarta ha per oggetto le “tipologie del lavoro a chiamata,
temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a
prestazioni ripartite” (art. 4). La quinta è dedicata alla
“certificazione dei rapporti di lavoro” (art. 5). La legge precisa poi
che tutte le disposizioni precedenti non si applicano al personale delle
pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate (art. 6).
Inoltre dall’attuazione delle cinque deleghe non devono derivare oneri
aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato (art. 7).
-
La
legge aggiunge un’ulteriore delega per la razionalizzazione delle
funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro. Lo scopo
della normativa è di “definire un sistema organico e coerente di tutela
del lavoro con interventi omogenei”. Gli strumenti sono il “riassetto
della disciplina vigente sulle ispezioni”, nonché “la definizione di
un quadro di regole finalizzato alla prevenzione delle controversie
individuali di lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di equità
ed efficienza” (art. 8).
-
Infine,
con l’art. 9, che è norma di legislazione diretta non delegante, si
interviene nuovamente in materia di lavoro nelle cooperative, apportando
una serie di modifiche alla normativa messa a punto con la legge 3 aprile
- 2001,
n. 14235.
-
- 6.
La rottura del parallelismo tra flessibilità e ammortizzatori sociali
-
Come
si è detto una parte dell’originario disegno di legge delega fu
stralciata nel giugno 2002, assumendo il numero 848-bis.
Questo disegno di legge non è stato ancora approvato dal Parlamento, né
sembra in procinto di esserlo. Il ddl contiene la modifica dell’art. 18
dello statuto dei lavoratori oggetto di tante polemiche e la
prefigurazione di un intervento sulla giustizia del lavoro, anch’esso
fonte di accentuati contrasti. Ma la separazione non ha avuto per oggetto
solo questi temi, bensì anche altri, che, tanto nel libro bianco
come nel patto per l’Italia, sembravano indissolubilmente connessi alla introduzione
delle regole più flessibili sui rapporti di lavoro. Si tratta della
delega in materia di “incentivazioni finanziarie o di altra natura”
per l’occupazione e della delega in materia di “ammortizzatori
sociali”, che sono state così sottratte al “parallelismo” e al
“bilanciamento” con le revisioni delle garanzie e delle tutele
previsti nel libro bianco e nel patto per l’Italia36
37.
-
- 7.
L’intervento sull’orario di lavoro
-
Al
contrario, altri capitoli del Libro bianco sono stati attuati in via autonoma
e hanno usufruito di una corsia preferenziale. È il caso della nuova
disciplina dell’orario di lavoro, che, come si è visto38,
faceva parte delle proposte del libro bianco. Originariamente inserita nel
disegno di legge delega 848, venne poi stralciata e collocata nella legge
1 marzo 2002, n. 39, cioè nella legge comunitaria del 2001. In questo
caso lo stralcio è servito ad accelerare l’iter
legislativo:
infatti la riforma dell’orario di lavoro è stata realizzata con uno dei
provvedimenti che hanno attuato la legge comunitaria, il decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, concernente l’attuazione delle direttive
93/104/CE e 2000/34/CE39.
-
Tale
decreto, “coglie l’occasione”, come testualmente suggeriva il libro
bianco, dell’attuazione delle direttive europee per introdurre
nell’ordinamento italiano consistenti dosi di flessibilità nella
disciplina del tempo di lavoro ed in particolare, ma non solo, per
prevedere la possibilità di superare il vincolo delle otto ore di lavoro
giornaliero come orario di lavoro normale40.
-
Il
risultato è che il decreto legislativo, introducendo una disciplina sotto
molteplici aspetti peggiorativa per i prestatori di lavoro, va incontro a
seri problemi di collisione con il
principio fissato dalla direttiva n. 104 in forza del quale
“fatto salvo il diritto degli stati membri di fissare, alla luce
dell’evoluzione della situazione,
disposizioni legislative, regolamentari
amministrative e
convenzionali diverse nel campo dell’orario di lavoro“ l’attuazione
della direttiva stessa “non costituisce una giustificazione per il
regresso del livello generale di protezione dei lavoratori” (art. 18,
par. 3, dir. n. 93/104/Ce)41.
-
- 8. Il
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. La struttura del provvedimento
-
La legge 14 febbraio 2003, n. 30 è stata attuata con il decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 27642. L’attuazione non è
totale, perché non comprende la delega in materia di funzioni ispettive
per la quale verrà emanato un autonomo decreto legislativo. Ma
indubbiamente, in largo anticipo sul termine massimo previsto, il governo
ha esercitato il potere normativo delegato.
Il
provvedimento consta di 86 articoli. Si apre con due norme dedicate alla
indicazione delle finalità e al campo di applicazione ed alla
formulazione di una serie di definizioni. La regolamentazione si articola
poi per temi, scadenzati secondo l’ordine delle deleghe. Tre titoli, dal
secondo al quarto, si occupano
dei temi oggetto della prima delega della legge 30. “Organizzazione e
disciplina del mercato del lavoro”, “Somministrazione di lavoro,
appalto di servizi, distacco”, “Disposizioni in materia di gruppi di
impresa e trasferimento d’azienda”. Le norme dall’art. 33 all’art.
74, disciplinano una serie di tipi contrattuali: lavoro intermittente,
lavoro ripartito, lavoro a tempo parziale, apprendistato e contratto
d’inserimento, lavoro a progetto e prestazioni occasionali. E’
l’attuazione delle deleghe contenute negli artt. da 2 a 4 della legge 30.
Un terzo blocco di norme regola le “Procedure di certificazione”, in
attuazione della delega conferita dall’art. 5 della legge 30. Vi sono
poi due ultimi articoli dedicati alle disposizioni transitorie e finali.
-
Il
corpo normativo, a parte la premessa e le norme finali, può essere
idealmente diviso in quattro grandi settori. Un gruppo di norme, che
peraltro formano sistema con quelle introdotte da altri interventi
legislativi di poco anteriori, costituisce la nuova disciplina del mercato
del lavoro. Un altro gruppo
è dedicato alle situazioni di triangolazione dei rapporti di lavoro:
l’inserimento in azienda di lavoratori forniti da una agenzia di
somministrazione; l’appalto di manodopera; il trasferimento d’azienda
e di ramo d’azienda. Un terzo ampio gruppo di norme, disciplina le
tipologie contrattuali flessibili. In alcuni casi si tratta di tipi nuovi
di contratto di lavoro: lavoro intermittente, lavoro ripartito, lavoro a
progetto e contratto di lavoro occasionale, contratto di inserimento; in
altri si tratta di forme particolari di contratto di lavoro già
conosciute dall’ordinamento, che ora vengono disciplinate con regole
nuove: l’apprendistato e il lavoro a tempo parziale43. Se si
aggiungono, il contratto di lavoro somministrato, trattato nel titolo
relativo alla somministrazione, e il contratto di lavoro a termine
disciplinato dal decreto legislativo n. 368 del 2001, nonché le
collaborazioni continuate continuative che comunque sopravvivono44,
si mette ormai insieme un consistente corpus
normativo
sui diversi tipi di rapporto di lavoro.
- 9.
La norma sulle finalità come cifra ermeneutica
-
Le norme introduttive e conclusive del decreto, che non saranno oggetto di
specifiche trattazioni, hanno importanza tutt’altro che marginale;
necessitano pertanto di un sia pur breve esame.
- L’art.
1 statuisce che le disposizioni del decreto “sono finalizzate ad
aumentare …..i tassi di occupazione e a promuovere la qualità e la
stabilità del lavoro”. La norma imprime all’intero provvedimento una
cifra di grande rilievo sistematico. La flessibilità introdotta dal
decreto ha una finalizzazione precisa, non è una flessibilità fine a se
stessa. Non è un valore in sé, ma solo se ed in quanto accresce
l’occupazione e promuove qualità e stabilità del lavoro45.
In sede ermeneutica dovrà tenersi conto di questa connotazione
teleologica: quando vengano in gioco una pluralità di opzioni
interpretative possibili dovrà scegliersi quella più aderente a questa
affermazione posta nell’incipit
della normativa.
- Il
legislatore inoltre precisa che le norme del decreto si collocano, e vanno
quindi interpretate, nel rispetto degli orientamenti comunitari e delle norme
sulla libertà e dignità del lavoratore dello statuto dei lavoratori,
nonché sulla
parità tra uomini e donne e sulle pari opportunità. Nel complesso, pertanto,
con la esplicitazione delle finalità e il richiamo ad un ristretto gruppo
di leggi selezionate nella vasta gamma di norme lavoristiche, il
legislatore individua delle precise coordinate, tanto per l’attività
interpretativa che per l’attività di normazione secondaria.
-
Ciò vale a maggior ragione rispetto ai principi costituzionali in materia
di lavoro. Per quanto la rilettura in sequenza dei documenti che hanno
portato al decreto sembri delineare un fenomeno di amnesia costituzionale,
certo all’interprete non è consentito prescindere dalla Costituzione46.
- 10.
Il nuovo dualismo pubblico-privato
-
Il
secondo comma dell’art. 1, dispone che il decreto “non trova applicazione
per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale”. Nel testo si
rinvengono poi deroghe e discipline particolari rispetto a questo criterio
generale47, ma è evidente che la norma, riprendendo del
resto l’art. 6 della legge 30, delinea un rapporto di regola ed
eccezione molto preciso48. Questa scelta sorprende
e lascia perplessi. Sorprende perché nel libro bianco, come si è visto,
era stata manifesta l’intenzione del governo di “proseguire con
determinazione verso una maggiore omogeneità” delle norme e delle
relazioni sindacali tra i due settori. Lascia perplessi perché, una volta
omogeneizzati i rapporti
nel senso della privatizzazione e soggezione al
medesimo quadro normativo di riferimento, è difficile, in un contesto
ormai comune, ritenere ragionevoli differenziazioni di trattamento di
portata generale e non collegate a specifiche e motivate ragioni.
-
- 11.
Le definizioni che regolano. Il caso degli enti bilaterali
-
L’art. 2, utilizzando un metodo diffuso nei provvedimenti comunitari,
detta una serie di «definizioni», formulate “ai fini e agli effetti
delle disposizioni del presente decreto”. Delle singole definizioni si
terrà conto nei vari saggi sugli argomenti specifici. Ma è opportuno
premettere che queste norme vanno lette con particolare attenzione, perché
in alcuni casi non contengono solo definizioni da incastonare nelle
discipline dei vari istituti, ma introducono direttamente pezzi di
regolamentazione, a volte di estrema delicatezza. È il caso, ad esempio,
della lett. h),
dedicata
agli “enti bilaterali”, che vengono definiti
“organismi costituiti a iniziativa di una
o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative”, ma di cui vengono anche
tracciate le competenze, con dotazioni di
consistente rilievo, che in alcuni casi comportano anche poteri di valenza
pubblicistica, come, ad esempio, “la certificazione dei contratti di
lavoro e di regolarità o congruità contributiva”. Viene
così compresso in un elenco di definizioni uno dei temi più problematici
dell’intero decreto, quello del conferimento di poteri di rilievo
pubblicistico a soggetti per i quali nulla si prevede, né in termini di
verifica della capacità tecnica, né in termini di verifica della
legittimazione rappresentativa49.
-
- 12.
Abrogazioni. Disciplina transitoria. Copertura finanziaria
-
Le
norme di chiusura inserite nel titolo «disposizioni transitorie e finali»
sono nel complesso importantissime perché regolano i rapporti tra questo
corposo intervento normativo e il sistema previgente. Fra gli articoli
terminali ve ne è uno, l’art. 85, dedicato alle abrogazioni. Alcune
sono esplicite e specifiche: quelle dalla lettera a)
alla
lettera h), che
peraltro a volte caducano intere
leggi o parti cospicue di leggi. E’ di qui che bisogna partire per
comprendere adeguatamente la portata dell’intervento su alcuni temi,
quale ad esempio l’appalto di manodopera50. Vi è poi una
norma di chiusura, in forma di clausola generale, dettata dalla lett. i),
che
abroga “tutte le disposizioni legislative o regolamentari
incompatibili”; si consegnano così all’interprete questioni, a volte
molto complesse, destinate ad incrementare i dubbi e le incertezze
ermeneutiche.
-
Le norme transitorie, dettate dall’art. 86, sono nutrite e si sommano ad
altre dello stesso tipo inserite all’interno delle discipline dei
singoli istituti e sparse nel decreto. Tra di esse vi sono anche
disposizioni il cui contenuto non è transitorio. È il caso del comma
dedicato alle associazioni in partecipazione, che, al fine di evitare
fenomeni elusivi della legge e dei contratti collettivi, sanziona
l’utilizzazione della forma dell’associazione in partecipazione per
coprire quelli che in realtà sono rapporti di lavoro subordinato,
stabilendo che ciò comporta per il lavoratore il diritto ai trattamenti
contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge per il lavoro
subordinato51.
-
Una norma di difficile lettura è l’ultimo comma dell’intero decreto,
che affronta il tema della copertura di spesa. È una norma sfuggente;
probabilmente non poteva non esserlo in quanto la legge 30/2003 impone che
dall’at tuazione delle deleghe “non devono derivare oneri aggiuntivi a
carico del bilancio dello Stato”52. Il legislatore delegato
si trovava quindi stretto tra il criterio dettatogli dalla legge delega e
il principio fissato dall’art. 81 della Costituzione per cui ogni legge
“che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte”.
- Sembra
discutibile che il decreto legislativo non comporti nuove e maggiori spese53.
Se così fosse si aprirebbe un’altra contraddizione, perché è evidente che almeno alcune sue parti, ad esempio quella volta a
“realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a
garantire trasparenza ed efficienza del mercato del lavoro e migliorare le
capacità d’inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono
in cerca di prima occupazione”54, ben difficilmente potranno
conseguire gli scopi prefissati senza un forte impegno dello Stato anche
sul piano delle risorse economiche. Se queste parti del provvedimento non
avranno adeguata attuazione verranno meno altri punti cruciali per la
costruzione di un quadro di garanzie nel mercato in luogo di quelle
interne al rapporto di lavoro. Chi volesse approfondire questo tema dovrà
peraltro esaminare non solo il decreto, ma tutta la manovra finanziaria di
metà legislatura, che avrebbe dovuto dare corso agli impegni assunti nel
Patto per l’Italia, in particolare con riferimento al Mezzogiorno, e che
invece sembra pretermetterli55.
- 13.
Governo e parti sociali
-
Altre norme di chiusura si proiettano nel futuro prevedendo una
prosecuzione dell’attività regolativa. Il dodicesimo comma dell’art.
86 qualifica come “sperimentali” una serie di norme del decreto. Ciò
comporta che decorsi diciotto mesi dall’entrata in vigore, il ministro
del lavoro procederà ad una verifica con le organizzazioni sindacali dei
datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale. La verifica avrà per oggetto gli “effetti” del
decreto ed il ministro ne riferirà in Parlamento “ai fini della
valutazione della sua ulteriore vigenza”56. Fra queste
disposizioni di “carattere sperimentale” rientrano parti molto
importanti del decreto, come quelle relative alle misure per
l’inserimento o il reinserimento dei lavoratori cosiddetti svantaggiati
o l’intero titolo dedicato alla certificazione o ancora l’intero
titolo dedicato alla somministrazione, all’appalto ed al distacco. Un
altro tipo di verifica è prevista dal comma successivo, dove si
stabilisce che il ministro convoca le parti sociali al fine di valutare la
possibilità di affidare ad uno o più accordi interconfederali la
gestione della messa a regime del decreto, anche con riferimento alla
parte transitoria e alla attuazione dei rinvii contenuti alla
contrattazione collettiva57.
-
Quello che si potrebbe evincere dalla lettura di questi passaggi finali
del provvedimento legislativo è un rapporto di piena valorizzazione della
contrat problematico di quanto appaia, per un duplice ordine di motivi.
-
Le norme sul rapporto tra governo ed associazioni sindacali, anche se
fissate per iscritto, non possono che essere generiche e prive di sanzioni
per il caso di inosservanza. È ai fatti ed alle vicende concrete che
bisogna guardare e ciò che si coglie è la scelta, come si è visto
teorizzata nel libro bianco, di considerare superata l’esperienza della
“concertazione” e di percorrere, a volte con maggiore risolutezza
altre con una certa cautela, la via di un “dialogo sociale” inteso in
maniera assai poco impegnativa58. Si è detto con grande
chiarezza che “la sostituzione di dialogo sociale a concertazione
sarebbe innocua se i termini fossero sinonimi. Ma così non è….Non si
può ritenere che la concertazione sociale permetta a qualcuno di porre
veti alle decisioni: ma
essa deve essere una ricerca seria di convergenze con l’obiettivo di
trovare un
accordo, non una formalità che copra decisioni unilaterali; o peggio che
serva per acuire le divisioni tra i sindacati”59.
-
- 14.
La contrattazione collettiva
-
Se si scende di livello e si considerano non i grandi accordi tra governo
e parti sociali, ma la trama della contrattazione collettiva cui è
affidato il compito di implementare la normativa del decreto, allora il
discorso è diverso, anche se il giudizio finale è ugualmente
problematico. Apparentemente alla contrattazione collettiva viene affidato
un ruolo ampio ed importante nella articolazione della normativa. Se si
osserva ciascun rinvio più da vicino, si rileva però che il ruolo della
contrattazione in molti casi, con tecniche non univoche ma convergenti nel
risultato, è preordinato al fine di rendere ancora più elastiche regole
che peraltro spesso sono già di per sé molto flessibili.
In
più casi, peraltro, se la contrattazione non perviene al risultato
richiestole entro un dato termine, è previsto l’intervento sostitutivo
del ministro con un suo decreto60. Intervento reiteratamente
qualificato “provvisorio” dal legislatore, nel senso che il decreto
ministeriale regola la materia sino a che le parti
non trovano un accordo, ma della cui provvisorietà è lecito dubitare:
non si
vede quale interesse “comune” possano avere la parti a modificare la
regolazione ministeriale con un atto consensuale, che, se garantisce
meglio del decreto
gli interessi di una parte non potrà essere accolto dall’altra, e
viceversa. E non è questo il solo profilo di intervento ministeriale, ve
ne sono altri; in particolare i decreti con i quali il ministro
“adotta” quelli che vengono definiti “codici di buone pratiche”,
che creeranno sicuramente cospicui problemi interpretativi, tanto in
ordine alla decifrazione della consistenza dell’atto quanto in ordine
alle relazioni con l’autonomia collettiva61.
-
In moltissimi casi, poi, la contrattazione collettiva cui vengono riconosciuti
poteri di flessione delle garanzie non è solo quella nazionale, ma spesso
anche
territoriale e aziendale, senza una regolamentazione del rapporto tra i
vari livelli e con possibilità quindi di un continuo gioco al ribasso,
nonché di scegliere il livello contrattuale o il sistema regolativo
territoriale62 che permette maggiore elasticità.
-
I contratti collettivi considerati dalla normativa idonei a svolgere tale compito,
in quasi tutti i casi, infine, non sono quelli stipulati dalle
organizzazioni
sindacali
maggiormente rappresentative, bensì quelli stipulati da
organizzazioni
sindacali
di tale natura. Questo piccolo spostamento semantico comporta complessi
problemi ermeneutici. Potrebbe incentivare i cosiddetti “contratti
separati”, stipulati
solo da alcuni o da un solo sindacato più rappresentativo. Fenomeno che
influenzerebbe i contenuti e la qualità della contrattazione ed avrebbe
effetti devastanti per le relazioni industriali come sistema63,
per di più se si considera
che il legislatore, in coerenza con le indicazioni del libro bianco, ha scelto
di non fissare regole per la verifica della rappresentatività64.
-
- 15.
Norma inderogabile e autonomia individuale
-
L’analisi
del decreto legislativo mostra che invece non sono state accolte le
proposte di revisione sistematica del rapporto tra norme inderogabili di
legge o di contratto collettivo ed autonomia individuale65. Il
libro bianco, come si è visto, poneva il problema della modifica
dell’assetto normativo che inibisce
al datore e prestatore di lavoro di concordare condizioni in deroga non
solo alla legge, ma anche al contratto collettivo se non entro il limite
delle condizioni di miglior favore66. L’attuazione di
questa linea avrebbe inciso su di un punto cruciale del diritto del
lavoro, annullando quelle che sono state definite le “ragioni della sua
autonomia dal diritto comune”67. Nel dibattito europeo sul
punto si è scritto: “la finzione dell’uguaglianza contrattuale dei
singoli in tal modo viene utilizzata, come nel XIX secolo, per mascherare
i rapporti di forza tra contraenti in posizioni asimmetriche”68.
Nel dibattito italiano si è riconosciuto che c’è un problema di
personalizzazione delle regole e di adeguamento di tutele massificate
proprie di un mondo fordista, ma ciò “non autorizza a pensare che le
regole collettive siano derogabili in generale da contratti individuali.
Mitizzare la capacità dei singoli di fare da soli, nel mercato del lavoro
odierno è nel migliore dei casi illusorio nel
peggiore un grave inganno. Minare la capacità di organizzazione sindacale
e collettiva con dosi indifferenziate di individualismo è
pericoloso per la coesione sociale”69.
-
- 16.
La giurisdizione
-
Il
libro bianco proponeva anche un forte ridimensionamento dell’intervento
giudiziario nei conflitti di lavoro, preventivando un solido intervento in
materia, necessitato, secondo il governo, dalla lentezza dei tempi
processuali, e la sostituzione della giustizia statale con la giustizia
arbitrale, peraltro dotata del potere di decidere su base equitativa70.
Questa opzione non è stata abbandonata, ma è stata collocata nel disegno
di legge delega 848-bis,
al quale come si è visto è stato impresso un ritmo più lento.
- La
tendenza a ridurre il controllo giudiziario riecheggia tuttavia nel
decreto legislativo. Ad esempio nelle norme che pleonasticamente in
materia di somministrazione affermano che “il controllo giudiziale è
limitato esclusivamente, in conformità con i principi generali
dell’ordinamento, all’accertamento
della esistenza delle ragioni che la giustificano e non può essere esteso
fino al
punto di sindacare nel merito le valutazioni tecniche, organizzative o
produttive che spettano all’utilizzatore”71.
- In
questa ottica si pone indubbiamente anche la normativa sulla
certificazione dei contratti di lavoro, che peraltro è stata depotenziata
rispetto ad alcuni disegni originari all’evidente scopo di evitare o
quanto meno ridurre i problemi di legittimità costituzionale72.
Il risultato è che la stessa non preclude, né appunto avrebbe potuto
farlo senza violare fondamentali principi costituzionali73, il
ricorso al giudice, ma addirittura potrebbe incentivarlo e renderlo al
tempo stesso molto più complicato74. La normativa infatti apre
nuovi scenari di conflittualità giudiziaria, che coinvolgono le parti del
rapporto di lavoro, ma anche soggetti ulteriori come ad esempio gli enti
previdenziali. Nasce poi il problema della responsabilità degli enti
certificatori, che a sua volta può dare luogo ad azioni giudiziarie. E le
complicazioni non finiscono qui,
perché il legislatore delegato, senza che ciò gli fosse imposto dai
principi dell’ordinamento, né dai criteri dettati dalla legge delega,
ha frammentato la competenza giurisdizionale in materia, dividendola tra
giudice ordinario e giudice amministrativo. In tal modo sono state poste
le premesse per il sorgere di
complessi problemi di riparto di giurisdizione e connesse questioni di
pregiudizialità75. Il risultato finale potrebbe essere quello
di aver creato nuovi fattori di ingolfamento dei ruoli, di allungamento
dei tempi dei giudizi e di aver ampliato il grado di incertezza delle
regole processuali76. Certo si è operato in senso contrario
alla razionalizzazione del settore.
-
- 17.
Stato e regioni
-
Un
tema sul quale le prospettive tracciate dal libro bianco sembrano essere
state abbandonate è quello del rapporto tra potere normativo statuale e
potere legislativo regionale. La lettura avanzata nel documento
governativo della recente riforma costituzionale era che la potestà
normativa concorrente delle regioni non riguarda solo il mercato del
lavoro, ma anche la regolazione dei rapporti di lavoro, quindi l’intero
ordinamento del lavoro77. Tale prospettiva è stata fortemente
criticata dalla dottrina, che non si era limitata a con
testarla sulla base dell’esegesi della specifica modifica
costituzionale, ma aveva sottolineato
che l’interpretazione dell’art. 117 Cost. deve necessariamente essere orientata
sulla base dei principi fondamentali enunciati dalla Costituzione.
-
“Il diritto del lavoro – è stato scritto – a differenza del diritto
privato che presuppone la parità dei soggetti che sono parti dei rapporti
giuridici, trova una delle sue ragion d’essere nell’esigenza di
controbilanciare la debolezza sociale ed economica di chi vive del proprio
lavoro rispetto ai poteri, sociali prima ancora che giuridici, di chi
detiene i mezzi di produzione. Ne consegue che il diritto del lavoro tende
soprattutto a dare attuazione ai precetti del primo e del secondo comma
dell’art. 3 Cost. e cioè al fondamentale principio costituzionale di
eguaglianza….che sarebbe violato da un diritto del lavoro differenziato
per territorio”78.
- Invero,
sembra che il decreto legislativo non solo non prefiguri potestà
normative regionali in materia di disciplina del rapporto di lavoro, ma
anzi abbia ecceduto in senso contrario regolando in maniera fortemente
accentrata anche la materia del mercato del lavoro per la quale non è in
discussione l’appartenenza alla legislazione concorrente79.
-
- 18.
Conclusioni
-
Il libro bianco, documento politico, prefigurava profondi cambiamenti
sistemici. Il decreto legislativo sembra averne fornito una
interpretazione attenuata.
Ma la rete delle modifiche e delle implicazioni è fittissima e non tutte sono
individuabili in laboratorio. Una legge, e tanto più una normativa così
ampia e frastagliata, si disvela lentamente. È difficile il giudizio
quando si sono appena avviate le molteplici alchimie derivanti dal
contatto tra norme e fenomeni regolati. Ogni valutazione, pertanto, ancor
più quelle d’insieme, al momento non può che essere proposta con
riserva, come una prima approssimazione. E tuttavia andava proposta, sin
da ora e con chiarezza, perché “bisogna sforzarsi di non parlare ex
cathedra, di
non dare lezioni, specie su materie tanto complesse, tanto delicate. Ma
poi, senza lezioni, senza giudizi rischiano
di saltare anche le speranze e gli auspici, che sono la parte vitale del nostro
impegno di studiosi”80.
-
- NOTE
- 1
La “Presentazione” del
ministro può essere letta in “Speciale Libro bianco”, Guida al
lav., n. 40, 16 ottobre 2001, pagg.VII-VIII.
-
2 Presentazione, cit. pag. VII.
- 3
Libro
bianco, in
Guida al dir., cit., pag. X,
nonché
l’intero paragrafo I.1.3 della parte propositiva, intitolato “Lavoro e
federalismo”.
-
4 Nel
paragrafo “Dialogo sociale”, si riconosce alla concertazione degli
anni novanta il merito di aver permesso il conseguimento di due obiettivi
fondamentali: il risanamento dei conti pubblici e l’ingresso
dell’Italia nell’Euro. E si rileva che difesa del salario reale e
delle prestazioni sociali sono stati vantaggi per i lavoratori. Si
aggiunge però che raggiunti tali obiettivi, “emerge con evidenza
l’inadeguatezza di un sistema contrattuale centralizzato, il cui perno
centrale è rappresentato da un indicatore economico (l’inflazione
programmata) che svolge una funzione sociale (difesa del salario reale) ma
è indifferente rispetto alle esigenze reali delle singole imprese. Nel
nuovo quadro macro-economico l’espansione della base produttiva e
dell’occupazione non può prescindere da una riduzione della pressione
fiscale e contributiva nonché da una corretta remunerazione dei fattori
produttivi. Un eccesso di rigidità delle remunerazioni penalizza
l’espansione occupazionale nelle aree a bassa produttività e
contribuisce a distorsioni territoriali dello sviluppo” (ivi, pag.
XXXI).
In
conclusione: “Il passaggio dalla politica dei redditi ad una politica
per la competitività impone l’adozione di una nuova metodologia di
confronto, basata su accordi specifici, rigorosamente monitorati nella
loro fase implementativa, restando meglio precisata la distinzione delle
reciproche responsabilità tra governo e parti sociali”. Il dialogo
sociale è a parere del libro bianco strumento consono a tale politica.
- 5
Libro
bianco, cit., pag.
XXI;
si
esplicita poi che un “un aumento dell’offerta di lavoro al Nord ed una
significativa riduzione della disoccupazione al Sud possono richiedere,
fra le altre cose,
una più accentuata differenziazione dei rispettivi salari reali”. Il
tema del sistema contrattuale viene più ampiamente trattato nel par.
III.1.
-
6 Ivi,
pagg.
LIX-LX.
-
7 Ivi, pag. XXXIII e
ss.
-
8 Ivi,
pag. XXXIV.
-
9 Ivi,
pag.
X. Nel
paragrafo dedicato alla giustizia del lavoro, si afferma che
“insufficiente a rilanciare l’istituto arbitrale sarebbe poi la
soluzione che vincola l’arbitro al rispetto della legge e dei contratti
collettivi – impedendo così giudizi basati sull’equità- e considera
impugnabile il lodo, per qualunque vizio, innanzi alla Corte
d’Appello”; ed ancora “l’istituto arbitrale
sarebbe assai incentivato….se la decisione venisse resa su base equitativa
– unica garanzia per tempi certi- e l’impugnabilità potesse essere
proposta solo per vizi di procedura”.
-
10 Così,
ivi,
a
pag. LX.
-
11 Ivi,
pag.
XI.
-
12 Decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
-
13 Libro
bianco, cit., pag.
X;
ampie,
par.
II.3.2.
-
14 Sempre, ivi, pag. X ed approfondimenti al par. II.3.3.
-
15 V., ampie,
par.
II.3.4.
-
16 Cui è
specificamente dedicato il par. II.3.6. E’ in questa sede che viene
manifestata l’intenzione del governo
di farsi delegare ad emanare una disciplina in materia di certificazione
dei rapporti di lavoro al fine di ridurre il contenzioso in materia;
proposta di cui si delineano quelli che dovrebbero essere i principi
ispiratori.
- 17
Ivi,
pag.
XII. Altrove,
indicando la prospettiva di uno Statuto dei lavori, il libro bianco
ritiene “superato il tradizionale approccio regolatorio che contrappone
il lavoro dipendente al lavoro autonomo, il lavoro nella grande impresa al
lavoro in quella minore, il lavoro tutelato al lavoro non tutelato” e la
necessità di “individuare un nucleo di diritti fondamentali che devono
trovare applicazione , al di là della loro qualificazione giuridica, a
tutte le forme di lavoro rese a favore di terzi” (pagg. XXXV-XXXVI),
“Al
di sopra di questo nucleo minimo di norme inderogabili, sembra opportuno
lasciare ampio spazio all’autonomia collettiva e individuale,
ipotizzando una gamma di diritti inderogabili relativi, disponibili a
livello collettivo o anche individuale”. Il governo sostiene anzi che
“si potrebbe andare oltre
la semplice predisposizione di un nucleo di disciplina comune a tutti i
tipi di lavoro, rinunciando definitivamente ad una definizione generale ed
astratta di lavoro subordinato” (pag. XXXVI).
-
18 Libro
bianco, cit., par.
II.3.8.
-
19 Ivi,
par.
II.2.2.
-
20
V., ampie,
il par. II.1.3, dedicato ai “Servizi pubblici all’impiego” e il
par. II.1.4., “Operatori privati per il lavoro”.
-
21 È un punto cruciale nell’equilibrio dell’intervento
prospettato, cfr. pag. IX e
poi ancora pag. XI.
-
22 Mercato
del lavoro flessibile che sarà caratterizzato, precisa il testo, da
“maggiori flussi di creazione e distruzione di posti di lavoro e da una
maggiore incidenza di carriere e percorsi lavorativi irregolari e
discontinui nel tempo” (pag. XLIV).
- 23 Libro bianco, cit., pag. XLIV e così prosegue: “in una logica di medio termine ciò
implica la necessità: - di estendere il livello delle tutele minime
fornite dagli ammortizzatori; - di prevedere trattamenti omogenei; - di
minimizzare i possibili disincentivi al lavoro che gli dagli
ammortizzatori possono discendere”.
- 24 Ibidem
- 27 Le ragioni del dissenso sono esposte in
“Patto per l’Italia - punto per punto le critiche
- 28 Patto
per l’Italia, par. 1
- 29 Ivi,
par. 2.3
- 30 Ivi,
par. 2.4
- 31 Ivi,
par. 2.7
- 32 Ivi, par.
3.
- 33 V., infra,
BAVARO,
cap. IV.
- 34 La legge è in Appendice.
- 35 In Appendice vi è il “testo coordinato” della disciplina
risultante dai vari interventi legislativi.
- 36 BIAGI, 2001,
pag. 285, valutando la XIII legislatura, espresse giudizi molto severi
sulla mancata riforma degli incentivi all’occupazione e degli
ammortizzatori sociali, che considerava “prioritaria”, sottolineando
come “il continuo rinvio di questa fondamentale riforma costituisce un
gravissimo danno…un atto di non-modernizzazione davvero
inammissibile”, tanto più che “altri paesi europei hanno provveduto a rivedere il loro sistema
di interventi a sostegno del reddito a favore dei disoccupati o comunque
di soggetti a rischio di disoccupazione”.
- 37 Tanto
che il legislatore ha ripreso la prassi di intervenire in materia
con misure urgenti, al di fuori di qualsiasi logica di riordino e
razionalizzazione (cfr. decreto legge 24 novembre 2003, n. 328, che detta
“Misure urgenti in materia di ammortizzatori sociali e di formazione
professionale”, precisando, all’art. 1, che le disposizioni vengono
emanate “in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali”).
-
38 V., supra,
par. 3.
- 39 Il decreto legislativo
è in Appendice.
-
40 V., supra, par. 3.
- 41 Per l’analisi
puntuale dei vari punti di regresso della normativa introdotta dal decreto
- legislativo
n. 66 del 2003 rispetto alla disciplina previgente, cfr. LECCESE, infra,
cap. V.
- 42 Il testo è in Appendice.
- 43 Poiché la riforma del part time è stata realizzata con la tecnica della
novellazione in Appendice è allegato il “testo coordinato”, risultante dall’insieme delle
varie normative.
- 44
Cfr. PINTO,
infra,
cap. VIII.
- 45
Sembra trovare spazio la teorizzazione della “flessibilità come
strumento” prospettata da chi ha sottolineato che “la flessibilità
non è un valore, ma un vincolo ed eventualmente uno strumento. Il valore
resta quello della stabilità: solo chi ha un progetto di lavoro e di
reddito prevedibili può programmare
il suo futuro, costruirsi una famiglia, fare dei figli, avere una
casa, una città degli amici, cercare di trovare nel destino precario di
vita che ci è assegnato un elemento, pure provvisorio, di sicurezza”
(Così MARIUCCI,
2002, p. 269, richiamando, a sua volta, il pensiero di GALLINO, 2001, e NAPOLI,
2002). È una linea di pensiero che in altri paesi viene
proposta riflettendo sui risultati di politiche neoliberiste, il cui
“paradosso” – è stato scritto – “può essere enunciato così:
l’imperativo categorico è la creazione di lavoro poiché questo è il
principale fattore di integrazione sociale; ma per raggiungere tale
obiettivo, bisogna sacrificare l’occupazione stabile, l’unica forma
che aveva consentito al lavoro di diventare una delle principali basi
dell’integrazione sociale. In tal modo “la questione del lavoro si
riduce a un ineluttabile adattamento al mercato internazionale”, mentre
“il problema reale consiste nel conciliare l’imprevedibilità e la
discontinuità delle situazioni economiche con l’esigenza di
prevedibilità e continuità dei soggetti coinvolti” (LA
VILLE,
2003, pagg. 72-73).
- 46
Fra
l’altro deve ricordarsi che la dottrina giuslavoristica, analizzando
il fenomeno della “costituzionalizzazione” del diritto del lavoro, né
ha ricostruito le implicazioni sul piano ermeneutico, teorizzando una
“speciale efficacia interpretativa” dei principi costituzionali nel
diritto del lavoro, che si manifesta “attraverso l’indispensabile
raffronto continuo e costante fra il contenuto precettivo delle fonti
normative stesse ed i principi della Costituzione, assegnando in
caso di contrasto, la prevalenza a questi ultimi sul significato originario
della legge” (GHERA,
2002,
sp. pag. 40).
- 47
V.,
ad esempio, il nono comma dell’art. 86, in materia di utilizzazione da
parte delle amministrazioni pubbliche del contratto di somministrazione.
- 48 Al contrario, molto
generica è la previsione dell’ottavo comma dell’art. 86, che invita
il ministro per la funzione pubblica a convocare le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche per “esaminare i profili di ar monizzazione
conseguenti alla entrata in vigore del presente decreto
legislativo…anche ai fini della eventuale predisposizione di interventi
legislativi in materia”.
- 49 GIUGNI,
2003, p. 113, esaminando
in relazione il Patto per l’Italia un analogo problema di
conferimento a tali enti di funzioni di rilievo pubblicistico, ha parlato di
“vaga ed infida idea di affidare ad organismi bilaterali di natura
privatistica la complessa gestione dei cosiddetti «ammortizzatori sociali»”.
Sul tema, cfr., M. G. GAROFALO,
infra,
cap. XI, par. 5.
- 50 V., ampie, CHIECO,
infra, cap. III, par. 1.
- 51 Più precisamente la
norma sancisce che “in caso di rapporti di associazione in
partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate
erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti
contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti
collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente
del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto
collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di
settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o
altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o
documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di
lavoro disciplinate dal presente decreto ovvero in un contratto di lavoro
subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto
nominato di lavoro autonomo, o in un altro contratto espressamente
previsto nell’ordinamento”. L’associazione in partecipazione è
stata oggetto anche di un parallelo intervento normativo concernente i
profili previdenziali (art. 43 del decreto legge 2 ottobre 2003, n. 269
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).
- 52 Art. 7, comma quinto,
della legge 30, con riferimento alle deleghe conferite dagli art. da 1 a 5
attuati con il decreto 276. Analoga norma è prevista in relazione alla
delega in tema di ispezioni non ancora attuata.
- 53 La relazione di
accompagnamento al paragrafo “effetti finanziari” sostiene che “il
provvedimento determinerà un saldo neutro per la finanza pubblica” e
che l’ultimo comma dell’art. 86 costituisce una “clausola di
salvaguardia” (Relazione governativa al decreto legislativo 276/2003,
in Guida al dir., 2003, dossier mensile, n. 9, ottobre
2003, pag. 72 ss.; il paragrafo citato è a pag. 81).
- 54 Così il primo comma dell’art. 3, che apre la parte
sulla organizzazione e disciplina del mercato del lavoro.
- 55 V., l’analisi di BOCCIA, 2003,
sp. pag. 25 e ss. Ad integrazione del quadro degli inadempimenti, deve aggiungersi anche il fallimento della
normativa, emanata a più riprese, finalizzata all’emersione del lavoro nero (cfr. SCARPELLI,
2003).
- 56 Sulle possibili letture di questa previsione, cfr. CHIECO,
infra,
cap.
III, par. 8.
- 57 Un primo accordo di questo tipo è stato stipulato per
affrontare il problema del regime transitorio dei contratti di formazione
lavoro. È l’accordo interconfederale 13 novembre 2003, tra associazioni
datoriali e CGIL CISL e UIL.
- 58 Una prova di questa
lettura riduttiva del concetto di dialogo sociale è costituita proprio
dal modo in cui venne sottoposto alle parti sociali il libro bianco.
Commentando quella vicenda si è scritto che il libro bianco “non è una
proposta, come vorrebbe far credere, ma l’argomentazione di una
decisione già assunta, tanto da esser seguito a tamburo battente
nell’arco di un solo mese, dalla confezione del disegno di legge
delega” (CARINCI, 2002, pag. 3).
- 59 TREU,
2002, pag. 117.
- 60 Cfr.
in particolare le norme in materia di individuazione delle esigenze che
giustificano il ricorso al
lavoro intermittente, peraltro con previsioni non perfettamente coerenti
tra loro (cfr. VOZA, infra, cap. VI), nonché la norma sulle modalità di
definizione dei piani individuali, nell’ambito della disciplina dei
contratti di inserimento (cfr. D’ONGHIA,
infra, cap. VII).
- 61 L’art. 78, quarto comma, prevede che il ministro
“adotta con proprio decreto codici di buone pratiche per
l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di certificazione
dei rapporti di lavoro, con specifico riferimento ai diritti e ai
trattamenti economici e normativi” (per i delicati problemi posti da
questa norma, v., M. G. GAROFALO,
infra,
cap.
XI). L’art. 84 prevede che il ministro “adotta con proprio decreto
codici di buone pratiche e indici presuntivi in materia di interposizione
illecita e appalto genuino”. Va anche segnalato che ad un decreto del
ministro è affidata la regolamentazione della disciplina transitoria in
materia di società di somministrazione e intermediazione, alla cui
emanazione è condizionata la sostituzione della disciplina previgente con
la nuova normativa dettata dal decreto legislativo (V., CHIECO,
infra, cap. III, par. 8).
- 62 Ad esempio in materia di casi di somministrazione a tempo
indeterminato (v., CHIECO,
infra, cap. III, par. 2.1).
- 63 GIUGNI,
2003, pag. 118.
- 64 Secondo ROMAGNOLI,
2002, pag. 243, scrivere quelle regole sulla
legittimazione della rappresentanza, sulle garanzie dei rappresentati, sul
pluralismo associativo è una delle più ragionevoli utopie del diritto
del lavoro.
- 65 Per importanti
puntualizzazioni in tal senso, v. GAROFALO
M. G., infra,
cap. XI.
- 66 V., supra, pag. 12.
- 67 D’ANTONA,
1995, pag. 67.
- 68 LAVILLE,
2003, pag. 72.
- 69 TREU,
2002, pag. 117-118, ma v., anche le affermazioni di PERSIANI,
riportate, infra,
al paragrafo 17.
- 70 V., supra, pag. 13.
- 71 Art. 27, terzo comma.
V., infra, CHIECO,
cap. III, sp.
par. 2.2 e 6.2.
-
72 La Corte costituzionale, come è noto, ha affermato
che “non sarebbe comunque con sentito
al legislatore negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro
subordinato a rapporti che oggettivamente abbiano tale natura, ove da ciò
derivi l’inapplicabilità delle norme inderogabili previste
dall’ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai
diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato”
(sentenza 29 marzo 1993, n. 121, in Foro
it., I,
2432, sp. 2434, ma v. anche Corte cost., 31 marzo 1994, n. 121, id.,
1994,
I, 2656).
- Peraltro
anche dalla cultura lavoristica europea vengono importanti indicazioni in
tal senso. Tra le conclusioni più nette del «Rapporto Supiot» vi sono
“la riaffermazione del principio fondamentale secondo il quale le parti
di un rapporto di lavoro non possono disporre della sua qualificazione
giuridica” e “la conservazione del potere di riqualificazione del
rapporto di lavoro da parte del giudice” (SUPIOT,
2002,
pag. 212-213, cui si rinvia per le argomentazioni).
-
73 COSTANTINO,
infra,
cap.
XII.
-
74
Per
una valutazione della procedura di certificazione all’interno di una più
generale riflessione sul processo del lavoro, cfr., DE
ANGELIS,
2003.
-
75 Per
una puntuale analisi di tutti questi problemi, si rinvia a COSTANTINO
(infra,
cap.
XII), il quale, fra l’altro, espone le ragioni che lo inducono a
ritenere che la scelta di dividere la giurisdizione “riflette
arretratezza culturale e si manifesta fonte di inutili complicazioni”.
-
76 Un’altra
ragione di complicazione del quadro processuale deriva dall’intervento
compiuto dall’art. 9 della legge 30/2003 in materia di competenza sul
lavoro nelle cooperative. Si rinvia, in proposito a BARBIERI,
infra,
cap.
IX,
par. 5.3.
-
77 V., supra,
pag. 11-12.
- 78 PERSIANI,
2002, pag. 26 e pag. 27 ss, cui si rinvia per
l’argomentata esplicitazione del ragionamento, che tocca anche il
rapporto tra uniformità territoriale ed inderogabilità della norma
lavoristica. V. anche, NAPOLI, 2002, sp. pag. 262 ss., GAROFALO M. G., 2002. Nel dibattito sviluppatosi sul punto, TREU,
2002, pag. 118, ha ricordato che anche nei sistemi federali
più consolidati come quello tedesco le normative fondamentali di diritto
del lavoro restano nazionali.
- 79 Per approfondimenti, si
rinvia GAROFALO D., infra, cap. II. Già in sede di analisi
del disegno di legge delega si era parlato di “invasività” del
legislatore statale rispetto alla competenza concorrente e residuale delle
regioni (CARINCI,
2003).
- 80 GIUGNI,
2003, pag. 121.
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Lecce 18 febbraio 2005